Introduzione al Liquid Computing: Cloud Native senza confini

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Cluster in cloud ovunque… Come gestire la molteplicità di provider per architetture che diventano sempre più complesse e le cui esigenze cambiano nel tempo? Come gestirne la scalabilità e i costi? Scopriamo il concetto di Liquid Computing attraverso una serie di articoli sul tema!

Introduzione al Liquid Computing: Cloud Native senza confini

Immaginate un mondo in cui i confini del vostro cluster Kubernetes si dissolvono, dove i carichi di lavoro fluiscono liberamente tra cloud diversi come acqua tra vasi comunicanti. Un mondo dove la complessità di gestire molteplici control plane svanisce, lasciando spazio a un’unica, fluida esperienza di orchestrazione.

Si tratta del paradigma “liquid computing”.

Oggi ci proponiamo di offrire una prima panoramica di questo pattern emergente che sta ridefinendo il modo in cui pensiamo alla gestione e alla distribuzione delle risorse informatiche.

Cos’é il Liquid Computing?

Nato nel 2014 come evoluzione naturale dei concetti di pervasive (ubiquitous) computing, il liquid computing porta questi principi a un livello superiore, proponendo non solo l’ubiquità dell’accesso, ma anche la fluidità e l’adattabilità dinamica delle risorse stesse.

Per comprendere il valore aggiunto del liquid computing, consideriamo lo scenario infrastrutturale basato su un singolo cluster Kubernetes. In questo modello, le applicazioni e i servizi sono distribuiti all’interno di un ambiente ben definito e relativamente statico. Il liquid computing trasforma questa visione creando un continuum di risorse che può estendersi attraverso molteplici cluster, data center e persino ambienti cloud diversi (liquid multi-cloud).

Questo approccio offre diversi vantaggi:

  • Flessibilità senza precedenti: Le applicazioni non sono più legate a un singolo ambiente, ma possono “fluire” dove le risorse sono più adatte o disponibili.

  • Ottimizzazione delle risorse: Il sistema può allocare dinamicamente le risorse in base alle esigenze reali, superando i limiti di capacità di un singolo cluster.

  • Miglioramento della resilienza: La distribuzione su ambienti diversi aumenta la tolleranza ai guasti e la continuità operativa.

Per comprendere meglio il concetto di liquid computing, possiamo fare un parallelo con il modo in cui Kubernetes gestisce lo spawning dei carichi di lavoro sui vari nodi del cluster. In Kubernetes, lo scheduler distribuisce i pod (unità di lavoro) sui nodi del cluster in base a criteri come risorse disponibili, affinità e anti-affinità. Il sistema monitora costantemente lo stato del cluster e può spostare i pod da un nodo all’altro per ottimizzare le prestazioni o gestire i guasti. Il liquid computing estende questo concetto a un livello più alto. Consentendo di demandare i carichi di lavoro non solo all’interno di un singolo cluster, ma su un pool di risorse che si estende attraverso molteplici cluster, data center e cloud che, nonostante ciò, rimangono indipendenti e gestibili individualmente.

In questo scenario, le applicazioni e i servizi possono essere dinamicamente spostati non solo tra nodi, ma tra intere infrastrutture, sempre alla ricerca dell’ambiente ottimale per le loro esigenze specifiche.

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