Essere un ingegnere donna

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  • 2022-01-11 - 9 minuti
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Stavolta, un articolo diverso dal solito: parliamo di cosa vuol dire essere un ingegnere donna in questo pazzo mondo e cosa fare, nel concreto, per crescere una generazione che apprezzi l’inclusione senza neanche farne un “problema”.

Parliamo di gender gap in ambito STEM.

Intro

All’età di 12 anni, uno dei docenti della mia classe nella scuola media stabilì dopo un’interrogazione che “la matematica non faceva decisamente per me”.

All’età di 14 anni, uno dei docenti del mio liceo mi prese in giro quando dissi che da grande avrei fatto l’ingegnera, perché “potresti studiare lingue, che è più semplice”.

All’età di 18 anni ho cambiato scuola, giusto in tempo per fare l’ultimo anno, dopo che l’ennesimo docente aveva rovinato la mia esperienza scolastica con l’ennesima molestia.

Quando sono entrata all’università, sono arrivata quarta su tutti i ragazzi e ragazze -e prima tra le ragazze- che hanno fatto il test di ingresso, e nonostante questo, il professore di informatica mi accusò di aver “barato” durante un esame perché era perfetto, e mi bocciò.

Ho cambiato università, e ho trovato -non sempre, ma quasi, per fortuna- un ambiente molto più inclusivo, dove comunque il numero di ragazze che frequentavano i corsi erano inversamente proporzionali all’anno di iscrizione: molte delle mie coetanee abbandonavano perché “non mi sento in grado”, “tanto non passo mai un esame”, o ancora “non capisco niente e non voglio perdere tempo”.

Lo so. Sembra che la sfortuna abbia trovato una vittima perfetta, ma non lo sono né mi sono mai considerata tale.

Queste sono solo alcune delle storie che sono certa che altre mille ragazze prima di me abbiano vissuto sulla propria pelle in altrettante sfumature, e che in qualche modo abbiano leso l’autostima di ognuna di esse.

Quante volte mi e ci siamo sentite dire “Questo settore è davvero difficile, sei pronta?” e “Sai che probabilmente sarai l’unica donna nella maggior parte delle tue lezioni, giusto?

E questo vale non solo in ambito istituzionale, ma professionale: mi è capitato di essere trattata come l’ultima ruota del carro non perché l’ultima arrivata, ma perché “non all’altezza”.

All’età di 23 anni, mi è stato detto che avrei potuto fare domanda in moltissime multinazionali nel settore IT perché “tutte le aziende tecnologiche stanno cercando di assumere donne per aumentare la loro inclusività”. Unico requisito, in pratica: essere donna.

All’età di 24 anni, dopo aver portato a termine l’ennesimo progetto, mi sono sentita dire: “wow, hai fatto tutto da sola? Ti ha aiutato il collega X, immagino”, come se fosse stupefacente che fossi in grado di reggere un carico di lavoro in totale autonomia.

Mi sono sentita dire, in tempi non recenti, che “peccato essere così intelligente, ma così bruttina”.

Sia chiaro: condivido queste storie non per vergogna e per cercare pietà, né per fare la vittima, ma per aumentare la consapevolezza e la comprensione.

Mi è capitato tanto, troppo spesso, di avere delle conversazioni con amici e colleghi di ogni età e genere, e di sentire esclamazioni dubbiose e sguardi stupiti, come se cose del genere fossero fuori dalla realtà.

La cosa divertente è che guardo indietro a tutti questi momenti (e molti altri che non ho intenzione di condividere qui) e penso a quanto sono fortunata: quanto sono fortunata che non sia andata peggio, com’è successo a molte altre donne che conosco.

Come sono stata fortunata perché, per ogni commento negativo, ci sono stati amici e colleghi che mi hanno spronato ad andare avanti e che non si sono mai posti “il problema”.

Nel corso delle interviste dello scorso anno sui mestieri digitali -proseguiranno anche quest’anno, promesso- , ho sempre chiesto alle ragazze intervistate dell’esperienza come donna nel settore della tecnologia e cosa poter fare concretamente per aiutare le donne

E mi sono fermata a pensarci: onestamente, non avevo una mia risposta e, dopo aver dedicato del tempo a pensarci di più, ho deciso di poter fare di molto meglio.

Quindi, se quanto raccontato finora ti ha lasciato un po’ di amaro in bocca, e ti stai chiedendo cosa puoi fare per aiutare, dai una chance alle prossime righe.

Infondere consapevolezza

Potrebbe sembrare una banalità, ma uno dei problemi principali della scarsa presenza di donne in ambito STEM è dovuto alla mancanza di autostima: questo significa che, a seconda delle persone, non tutte le ragazze si sentono pronte a lanciarsi in questo mondo di matti, o meglio, non sanno da dove cominciare.

Come fare? Se conosci un’opportunità di lavoro che sarebbe perfetta per qualcuno, condividila.

Se conosci un podcast in cerca di un’ospite, fai il suo nome.

Se qualcuno che conosci ha scritto un libro o un post sul proprio blog che hai trovato interessante, condividilo con la tua rete. Le possibilità in questo senso sono infinite ed è così facile alzarsi e spargere la voce. Non sottovalutare la potenza della tua voce e il peso della tua parola.

Il principio è sempre lo stesso: e vuoi aiutare, incoraggia. Tante donne che conosco stanno raggiungendo grandi traguardi ogni giorno, ma sono troppo umili o troppo tranquille o troppo spaventate o semplicemente non pensano che sia abbastanza impressionante da condividere quando lo è davvero.

Educa te stess* in modo da poter educare gli altri

Negli ultimi due anni si è parlato tanto del tema dell’inclusività: è vero che la maggior parte di noi non si ritrova più vicino alle macchinette del caffè che ci permettevano di socializzare più facilmente, ma è comunque importante creare un ambiente inclusivo, anche e soprattutto nel mondo virtuale.

Adoro il recente focus sull’uso di un linguaggio più inclusivo, come porsi il problema di includere femminile e maschile di ogni professione o nome, come prestare attenzione al modo in cui diamo spazio alle donne sulle varie piattaforme per parlare e raccontarsi.

Non che una donna abbia per forza bisogno di un’altra donna nel lavoro per potersi realizzare: quello vale solo quando si deve andare in bagno! (Scherzo, sia chiaro…)

Se qualcuno sta pubblicando commenti sessisti, denuncialo. Se assisti a un commento sprezzante, un comportamento scortese, qualsiasi tipo di molestia, ecc., dì qualcosa. Se ritieni che le persone intorno a te non conoscano abbastanza l’argomento, non avere paura di farti avanti: la tua parola ha più peso di quanto pensi.

Ci sono inoltre moltissime community che lavorano in questa direzione e che hanno bisogno di costante supporto: fare volontariato, farsi avanti per portare dei talk o organizzare degli eventi, è un modo utile per chi in prima persona si mette in gioco, e per chi ha bisogno di vedere qualcuno che ce l’ha fatta. E a questo proposito…

Istituire role models

Diversi studi (riferimenti tra le risorse utili) hanno riportato che le donne che hanno sostenuto un test in ambito STEM dove l’esaminatrice era donna non hanno subito un calo delle prestazioni rispetto alle donne il cui test è stato somministrato da un uomo.

Può sembrare una banalità, ma avere una figura a cui ispirarsi è fondamentale per la crescita di ogni bambino: quanti/e di noi hanno sognato di diventare superoi/ne perché avevano visto un personaggio che li ispirava a fare di meglio?

Non c’è bisogno che queste role models siano in una posizione lavorativa molto più alta della nostra: questi modelli possono anche essere tratti da gruppi di pari, che anzi, ci avvicinano all’obiettivo.

Sebbene sia i modelli di ruolo femminili che quelli maschili possono essere efficaci nel reclutare donne nei campi STEM, i modelli di ruolo femminili sono più efficaci nel promuovere un maggior coinvolgimento delle donne in questi campi.

La prima fase è proprio lavorare sulla scuola: creare delle attività che mettano in contatto gli studenti e le studentesse con professioniste e professionisti di ogni genere è fondamentale; non è da sottovalutare anche il fatto che le stesse insegnanti possono anche fungere da modelli per le ragazze.

Tantissimi studi sul sistema scolastico in Europa (e non solo -vedi “Risorse utili”) hanno dimostrato che la presenza di insegnanti che siano in grado di andare oltre gli stereotipi e portare esempi di donne “che ce l’hanno fatta” influenza positivamente la percezione delle ragazze in materia di STEM e aumenta il loro interesse per le carriere in questo settore.

In questo senso, moltissime community si stanno facendo avanti con iniziative importanti che portano alla luce e su un palco virtuale alcune donne che nel settore informatico hanno fatto una carriera brillante: è il caso di SheTech e di FuzzyBrains, o anche delle Django Girls.

Conclusione

Per coloro che si potrebbero essere preoccupati o preoccupate per alcuni degli aneddoti che ho condiviso sopra, vi avviso: non ce n’è bisogno.

Nonostante tutte le avversità e le frustrazioni che posso aver vissuto, ho imparato a darmi una pacca sulla spalla e guardare sempre oltre questi “incidenti” di percorso.

Sono qui, ho un blog a cui dedico molto del mio tempo libero, ho scritto 4 libri (finora), ho conseguito la laurea che sognavo, ho un lavoro che mi stimola e dei colleghi fantastici; collaboro con moltissime community e cerco di fare la mia parte -e comunque non è mai abbastanza-.

Sia in ambito lavorativo che istituzionale, ho trovato un sistema di supporto davvero incredibile durante il mio viaggio nella tecnologia e trovato alcuni colleghi, professori e amici piuttosto incredibili e di supporto lungo la strada, che hanno bilanciato tutto il negativo che c’è stato.

In questo senso, per fortuna, posso dire che nel 2022 stiamo facendo passi da gigante e che vedere dove sono e dove siamo è un ottimo risultato, ma abbiamo ancora molta strada da fare.

Moltissime realtà lavorative si sono adeguate e ci stanno mettendo la faccia nel promuovere iniziative che siano davvero inclusive, e non solo per far quadrare i conti in termine di personale.

Anche la rete sta diventando un posto migliore, dove ci sono tanti colleghi che si fanno avanti e si fanno promotori di queste cause, nella speranza che questo sia presto solo un brutto ricordo.

E poi, ciò che non ci uccide ci rende più forti, giusto?

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