Debugging collaborativo in ambienti multi-team: strategie e tool avanzati

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Nel mondo dello sviluppo software, la chiarezza della documentazione e la rapidità nella risoluzione di bug tramite debugging condiviso sono fattori chiave per il successo di qualsiasi progetto, soprattutto in team che operano su stack multipli e con ritmi di aggiornamento serrati.

Immagina, semplificando, di lavorare ad un’app per la ricerca di emoji in italiano, ossia, ad esempio, un sistema che offre funzionalità di filtro e consiglio emoji tramite API, con visualizzazione dinamica e user experience fluida.

Questo scenario mette a confronto le esigenze di un workflow agile e i tipici ostacoli: in caso di glitch dell’applicazione o problemi di integrazione, non solo i bug rallentano lo sviluppo, ma possono generare lunghe sessioni di debug disperse tra ticket, video, log e riunioni - finendo per investire tempo su attività di poco valore.

All’interno di un’applicazione web, dove la transizione tra pagine porta, a volte, a un caricamento delle immagini sbagliato o lento, l’utente potrebbe percepire un glitch, e decidere di aprire una segnalazione.

In questo caso, il team di QA faticherebbe a riprodurlo puntualmente, e i team frontend e backend vedrebbero solo la propria porzione di informazione: magari un errore di parsing API, ma senza chiaro rapporto causa-effetto con l’evento visibile dal frontend. Nei flussi classici, la gestione di questo tipo di segnalazione porta a una collaborazione che si limita spesso a scambi di mail, o ticket con descrizioni poco dettagliate e log separati, con annesse call che durano ore, fatte di silenzi imbarazzanti.

Per non parlare del debugging, che si trasforma in una caccia al tesoro: chi ha visto il bug? In quale ambiente? Qualcuno ha un log o uno screenshot chiaro? Nel frattempo, il tempo medio per risolvere il problema (definito MTTR, ossia Mean Time to Repair) si allunga e la frustrazione cresce.

Parlando in termini “agili”, anche in una situazione in cui si lavora di bugfixing, ogni sprint parte dalla necessità di avere una struttura organizzativa ordinata e chiara, nonché da una tracciabilità che renda lo sviluppo più rapido e di qualità. Per questo ho deciso di provare uno strumento full-stack: per qualche settimana ho sperimento con Multiplayer.app, che consente di avere session replay full stack: in altre parole, ogni sessione utente viene salvata e arricchita in automatico con tutti gli eventi del frontend (DOM changes, click, input, navigazioni), tracce e log di backend collegati alle stesse azioni, request e response API nel dettaglio, dando anche la possibilità di aggiungere annotazioni da parte di ogni stakeholder (QA, dev, supporto e via dicendo).

Questo vuol dire che quando il team QA identifica un bug, fa semplicemente “share” del replay: il link contiene la sequenza di eventi, le chiamate API correlate, i log back end e la visualizzazione utente, tutto incrociato e navigabile. Il team back end può a quel punto vedere come una specifica chiamata ha prodotto una determinata risposta, mentre il front end individua l’esatta condizione che genera il glitch. Non servono più video dispersivi o ticket lunghi da decifrare: la sessione replay crea una base di collaborazione unificata, accelerando la riproduzione e la risoluzione del bug.

La sua integrazione all’interno di un progetto è semplicissima: basta infatti installare l’estensione per Chrome (come mostrato sotto) o, come nel mio caso, utilizzare la libreria JS da integrare all’interno del progetto attraverso l’uso di un file mcp.json: questo contiene la configurazione per collegare il tuo ambiente di sviluppo (VS Code o simili, io uso WebStorm) al server di Multiplayer App tramite l’API pubblica.

In particolare, definisce l’URL del server MCP (ossia il Model Context Protocol), e consente l’accesso ai tuoi copiloti e all’IDE di con il contesto di sistema completo di cui hanno bisogno: azioni dell’utente, logs, richieste e risposte, aggiunta di header, oltre alle annotazioni dell’utente. Questo significa poter analizzare la condivisione dello stato del front end, del contesto di sviluppo e delle modifiche al codice, con eventuale introduzione di nuove problematiche.

Sappiamo che il debugging è tanto più efficace quanto più l’applicazione è testata, con processo automatizzato e collaborativo. In questo contesto, integrare strumenti capaci di registrare sessioni di errore, associare log, tracce e request/response in modo condiviso - come fatto in questo caso- permette al team di ricostruire ogni passaggio critico fino all’origine del problema. Inoltre, con la funzione di annotazione che permette a ogni membro del team di aggiungere note, ipotesi e highlight visivi direttamente sulla timeline, si può avviare una discussione tecnica e una knowledge base condivisa, senza bisogno di disperdere informazioni tra canali Slack e mail.

Nel mio caso, durante lo sviluppo di quest’app per la ricerca delle emoji, ho incontrato un problema apparentemente semplice, ma in realtà abbastanza tricky da risolvere: la transizione tra due pagine, in cui le emoji dovevano caricarsi dinamicamente, talvolta presentava un leggero rallentamento. In alcune sessioni, le immagini caricavano correttamente, in altre si bloccavano o ritardavano notevolmente, generando una pessima esperienza utente.

Il bug, intermittente e non sempre riproducibile, coinvolgeva sia il frontend (gestione DOM e rendering), sia chiamate API asincrone al backend per il fetching dei dati, senza errori chiari nei log tradizionali. La difficoltà maggiore era la mancanza di un contesto unico e condiviso che mettesse in correlazione esattamente cosa accadeva a livello utente, di rete e di backend in ogni singola sessione. Contando su session replay full stack, ogni azione utente, ogni chiamata API, ogni evento di backend e ogni rendering sul client sono stati registrati e sincronizzati in una timeline unica ed è stato semplice risalire al problema, ossia alla chiamata che portava al blocco del caricamento delle due pagine.

L’aspetto più interessante, pensando anche a processi dove il team è eterogeneo, è la possibilità di riprodurre il bug in ambiente di test con precisione, senza perdere tempo a interpretare descrizioni vaghe e fatte di ipotesi, per poi predisporre rapidamente un fix lato backend per ottimizzare il pipe di caricamento e gestire meglio i fallback del frontend. A quel punto, validare la correzione tramite replay e test automatizzati basati su quelle sessioni reali diventa un gioco.

Guardando più in là e più in grande, possiamo pensare al fatto che automatizzando il debugging (e anche la documentazione, ma di questo ne parleremo un’altra volta), la produttività del team cresce: meno tempo perso in aggiornamenti manuali, maggiore tracciabilità delle decisioni, onboarding più veloce per nuovi membri. Il debito tecnico diminuisce, la trasparenza interna aumenta e le soluzioni ai problemi diventano accessibili e riusabili, non più vincolate alla memoria di singole persone o a workflow distribuiti e dispersivi. Può sembrare fantascienza, ma è uno dei tanti modi di sfruttare in maniera intelligente questi strumenti -purché corredati di uso del pensiero critico, e di adottare un paradigma di lavoro creativo, interattivo e vantaggioso per chi opera in settori tecnologici come quello dello sviluppo software. In conclusione? Strumenti di full stack session recording come questo possono diventare uno strumento indispensabile, soprattutto in contesti dove il time-to-market può davvero fare la differenza.

Strumenti come questi aiutano i team a evolvere verso un modello collaborativo davvero integrato, dove documentazione e debugging diventano processi strategici, automatizzati e condivisi. Per chi lavora nel settore IT, adottare questo approccio significa avere una base solida e sempre aggiornata, pronta ad accogliere ogni nuova sfida di sviluppo con la sicurezza di un know-how comune e visibile all’intero gruppo, dove la documentazione non è più il compito di pochi e il dolore di tanti, e il debugging si semplifica grazie ad un processo realmente completo di raccolta delle informazioni volte alla risoluzione del problema.

In conclusione? Strumenti di full-stack recording come questo sono estremamente potenti, e vale la pena testarli in scenari complessi, dove il tempo (e il budget) sono stretti, soprattutto per lavorare con un processo di qualità e soprattutto più sereno.

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