La fine del prompt engineering

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Quando ChatGPT è stato lanciato, molti si sono chiesti se il prompt engineering sarebbe diventato una skill a sé stante, qualcosa di cui i/le professionisti/e nel tech non avrebbero potuto fare a meno.

Su Instagram ci sono guru che promettono di ottenere risultati straordinari con semplici prompt se si rimane incollati fino alla fine del video, su LinkedIn è pieno di esperti di prompt adatti a qualsiasi situazione.

E poi, con l’avvento di modelli sempre più potenti e facili da usare, sembra che questa capacità sia andata verso un lento declino, fino a scomparire.

Questo perché la realtà è più complessa: il prompt engineering non è morto, ma si sta evolvendo.

Le regole d’oro

Una delle prime cose che ti insegnano quando si parla di prompt engineering è che non esiste un prompt perfetto. Ogni modello ha le sue peculiarità, e ciò che funziona per uno potrebbe non funzionare per un altro, così come la risposta che si ottiene può variare in base al contesto e alla formulazione della domanda (e al tempo? Chissà).

In realtà, esiste il progetto PromptSource, che raccoglie una serie di prompt ottimizzati per diversi modelli e casi d’uso basati su dataset specifici, che nasce proprio con l’obiettivo di avere dei prompt “standard” da utilizzare come punto di partenza. Si tratta comunque di uno use case piuttosto specifico, ma che dimostra come il prompt engineering stia cercando di evolversi in qualcosa di più strutturato e meno “artigianale”.

La seconda cosa che ti insegnano è che un buon prompt contiene una descrizione di “chi” il modello deve interpretare, e come deve agire, il famoso “act as”. Questo permette al modello di comprendere il contesto e di rispondere in modo più pertinente e accurato, impersonificando eventualmente un esperto in un determinato campo o un personaggio specifico.

Altro asso nella manica è l’utilizzo di esempi concreti e pertinenti, che aiutano il modello a comprendere meglio il contesto e a fornire risposte più accurate. Un esempio vale più di mille parole, e questo è particolarmente vero quando si tratta di modelli di linguaggio.

Infine, è importante specificare l’output desiderato, in modo che il modello sappia esattamente cosa ci si aspetta da lui. Un JSON? Una tabella? Questo ci permette di ottenere risposte più precise, evitando fraintendimenti e risposte fuori tema.

La realtà è più complessa

La realtà è che questi punti sono ancora validi, ma non sono più sufficienti. Di recente si parla di modelli con capacità di reasoning, cioè modelli che non si limitano a rispondere a una domanda, ma che sono in grado di ragionare e di fornire risposte più complesse e articolate.

Questo significa che i prompt devono essere più sofisticati e che non basta più fornire una semplice descrizione di “chi” il modello deve interpretare, ma è necessario anche descrivere quali passaggi sono utili a suddividere il problema in parti più piccole e gestibili. Parliamo di prompt thinking.

La tecnica del “divide et impera” non è affatto nuova, ma è una di quelle tecniche che permettono di risolvere problemi complessi in modo più semplice e veloce.

Non a caso, ultimamente strumenti come PromptPerfect o prompt alchemy labs stanno diventando sempre più popolari. Questi tool permettono di creare prompt “potenziati”, quindi prompt arricchiti di dettagli e istruzioni che aiutano il modello a comprendere meglio il contesto e a fornire risposte più accurate.

E quindi? Quando abbiamo detto che il prompt engineering non è morto, ma si sta evolvendo verso una forma più sofisticata e complessa. Questo perché serve un approccio strutturato che permetta di formulare istruzioni chiare e specifiche, fornire un contesto sufficiente e adeguato a descrivere il problema, nonché specificare i passaggi necessari per risolverlo fornendo anche esempi concreti e pertinenti e l’output desiderato.

Nulla di diverso da quello che si fa normalmente quando si seguono le regole d’oro, ma con un focus maggiore sulla chiarezza e sulla specificità delle istruzioni.

Una considerazione che possiamo fare è questa: la necessità di strumenti che arricchiscono e danno valore a quello che stiamo tentanto di esprimere è un chiaro segnale che la comunicazione e come la usiamo è una competenza che stiamo perdendo. Per mancanza di tempo? Per via del time-to-market sempre più competitivo? O perché siamo abituati a comunicare in modo veloce e superficiale?

Per quanto possa risultare vero che questi strumenti ci aiutano a ottenere risultati migliori, è altrettanto vero che non possiamo fare affidamento su di essi per esprimere al meglio ciò che le nostre capacità critiche non sono in grado di descrivere con un battito di ciglia. La capacità di comunicare in modo chiaro e preciso è una competenza fondamentale che dobbiamo continuare a sviluppare e migliorare, in ottica di crescere come professionisti, ma soprattutto come individui.

Nota: il battito di ciglia dura mediamente tra i 300 e i 400 secondi, mentre i modelli di linguaggio come ChatGPT impiegano circa 1-2 secondi per generare una risposta. Magari tra qualche anno questi tempi saranno ancora più brevi, ma comunque parliamo di una distanza temporale che è ancora significativa e che ci permette di rallentare, riflettere e migliorare, per rimanere al centro del ragionamento.

Conclusioni

L’arte del prompt engineering è un qualcosa di estremamente interessante, perché ci permette di esplorare nuove frontiere della comunicazione e dell’interazione con i modelli di linguaggio. È un’abilità che richiede pratica, pazienza e una buona dose di creatività, ma che può portare a risultati straordinari se utilizzata nel modo giusto: per questo, nelle prossime settimane condivideremo alcune tecniche e strategie che possono aiutarti a migliorare le tue capacità di utilizzo di una serie di strumenti, per sfruttare al meglio le potenzialità dei modelli di linguaggio e ottenere risultati sempre migliori.

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