Voglio diventare... Growth Hacker

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  • 2024-07-09 - 5 minuti
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Il suo nome non è esattamente nuovo nel settore, e di esperienza ne ha da vendere: Michele Mereu è uno dei massimi esponenti del growth hacking e oggi ci racconta cosa vuol dire combinare marketing e sviluppo a supporto del business.

Descriviti in 100 parole.

Sono una persona curiosa e disponibile, potrei fare una lista lunga un papiro di passioni che porto avanti, alcune di più o di meno, ma tutte in modo costante. Il mio background è in comunicazione, questo mi ha dato solide competenze in analisi comunicativa e nello sviluppo di relazioni, permettendomi di avviare un percorso di crescita professionale continua.

Sono orgogliosamente sardo e sento un spinta a voler migliorare tanti aspetti della mia terra, soprattutto perché la vedo piano piano decrescere.

Anche per questo ho intrapreso uno stile di vita di lavoro da remoto e nomade, viaggio alternando alcuni mesi a Cagliari e il resto dell’anno in movimento, a breve infatti partirò per il Portogallo.

In cosa consiste il ruolo di Growth Hacker?

Il ruolo del Growth Hacker è difficile da spiegare, ci sono tante definizioni e ogni esperto/a ne ha una propria. Quello che è fondamentale comprendere secondo me sono tre aspetti sui cui si basa la professione. Molti quando parlano di Growth Hacking si riferiscono ad un mindset, un approccio utile per affrontare i problemi di un’azienda legati al proprio business, comunicazione, marketing e non solo.

L’altro aspetto fondamentale è quello del processo che va applicato in modo ciclico attraverso l’uso di diverse tecniche, con ragionamenti razionali e di pensiero laterale, con un’impostazione data driven.

Infine secondo me un altro fondamento è la sperimentazione, una modalità di lavoro incentrata sulla ricerca di soluzioni alternative, gestione del fallimento e prioritizzazione dei progressi senza la ricerca della perfezione.

Le attività che svolgo dipendono spesso dalla grandezza del team con cui si lavora, devi comunque essere bravo in più settori legati al marketing e avere una predisposizione all’apprendimento continuo, sicuramente il ruolo deve essere inserito all’interno di un team, la figura del super uomo o donna Growth Hacker che fa tutto in solitaria per far crescere un’azienda è una favola.

Qual è la soft skill più importante che deve possedere Growth Hacker?

Ne potrei citare tante, quelle che a me hanno aiutato di più sono sicuramente:

  • Capacità di apprendimento continuo: Bisogna assolutamente studiare settimanalmente, altrimenti si rimane indietro. Il tempo è poco, quindi bisogna massimare lo studio e prioritizzare le tematiche da studiare utili da usare subito nei task lavorativi.
  • Gestione del fallimento: Mensilmente si lavora per ideare e realizzare sperimentazioni, la maggior parte avrà risultati non soddisfacenti o fallirà. Bisogna essere bravi nel gestire questo aspetto perché incide psicologicamente.
  • Comunicare con le persone in modo sano: Riuscire a comunicare bene con le persone di un team per avere una modalità di lavoro sana è fondamentale, si guadagna tempo, si vive bene il proprio lavoro e le performance sono alte.

La maggior parte di noi utilizza i social per parlare dei propri successi, ma la realtà è che siamo quel che siamo grazie al 90% dei nostri errori. Racconta il tuo più grande fallimento da quando lavori nel settore, che però ti ha reso ciò che sei.

Io utilizzo poco i social, anche se ci lavoro, uno dei motivi è anche il dover leggere sempre le stesse cose dalla maggioranza delle persone, preferisco dedicare il mio tempo ad altro.

Per me l’errore è parte del processo che applico, grazie agli errori posso imparare come migliorare le strategie.

L’errore più grande degli ultimi tempi è stato forse aver passato alcuni anni a lavorare costantemente dalle 9 di mattina alle 20 di sera, situazione che mi ha portato ad un burnout. Tornando indietro sicuramente non lo rifarei. Il tempo è la cosa più importante che abbiamo e son pochi i lavori sulla faccia della terra per cui vale la pena “buttarci” così tanto tempo.

Come fare per diventare Growth Hacker?

Oltre ad avere una predisposizione nel comprendere i fondamenti citati in precedenza e una serie di soft skills bisogna prima avere una propria specializzazione professionale, sulla quale davvero ci sono pochi limiti, conosco Growth Hacker che vengono dal mondo della psicologia, sviluppo, cultura, progettazione, è fondamentale avere un proprio campo. Successivamente bisogna studiare la professione, consiglio sicuramente di informarsi prima per approfondire la materia, successivamente consiglio di entrare in un’academy, io faccio parte di quella di Raffaele Gaito ad esempio, questo è l’unico modo per rimanere aggiornati, soprattutto quando si è agli inizi.

Parlando di successi, qual è il tuo prossimo obiettivo? Quale ruolo vorresti ricoprire entro i prossimi 3 anni?

A me ora piacerebbe applicare il Growth Hacking in sistemi offline che possono avere un reale impatto sulla vita delle persone per migliorarla. Ci stiamo disconnettendo secondo me come esseri umani da tutto ciò che riguarda le comunità reali con cui viviamo preferendo una vita più solitaria e online. Per cui vorrei contribuire maggiormente alla vita reale attraverso lo sviluppo di progetti urbani e sociali applicando il processo del Growth Hacking partendo dalla ricerca e studio dei dati fino al test e alla sua ottimizzazione.

Conosci il tema gender gap in ambito STEM? Se sì, secondo te, come fare persuperarlo?

Sì, con Need for Nerd ho fatto diversi eventi per la promozione delle tematiche. Credo che sia tutto collegato ad un sistema sempre più dissociato in cui viviamo.

Le discriminazioni nascono sempre in contesti di scarsa cultura, per questo è fondamentale coinvolgere tutte le persone nelle battaglie, secondo me l’errore che si fa spesso è quello di comunicare solo alle persone direttamente interessate ed escludere tutte le altre che potrebbero invece dare un contributo.

Bisogna trovare prima una chiave comunicativa che parli a tutte le persone, in modo che ci si possa sentire coinvolti/e nel problema.

Quindi direi cultura e chiave comunicativa sono le fondamenta per ideare attività che possano davvero risolvere il problema.

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