Voglio diventare... Product Manager

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  • 2024-05-07 - 7 minuti
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Oggi conosciamo Giulio Latorre, Product Manager multipotenziale, un professionista da cui prendere lezioni su come imparare dai propri errori e su come fare la propria parte per avere successo con il proprio prodotto.

Descriviti in 100 parole.

Multipotenziale. Emily Wapnik, in un TedX, ha definito così una persona con “molti interessi, molti lavori nel corso della vita e molte potenzialità interconnesse”.

In pratica è complicato ma bello.

Mi piace fare tantissime cose diverse e a volte anche opposte tra di loro. Sono estremamente curioso di tutto e mi piace costruire cose, leggere libri di business o saggistica e perdere (o meglio, investire) ore su YouTube per “osservare il mondo” o seguire le lezioni del MIT.

Ho studiato Ingegneria delle Telecomunicazioni, ma quasi subito mi sono cimentato in attività imprenditoriali con droni, stampanti 3D, IoT, per poi tentare la fortuna con una mia startup nel settore musicale (una delle mie tante anime).

Ho collaborato con le università e imprese tecnologiche prima di emigrare al nord e iniziare una carriera come Product Manager nel settore dell’intelligenza artificiale e adesso nel learning.

In cosa consiste il ruolo di Product Manager?

Un Product Manager è la figura professionale che all’interno di un’azienda che si occupa di gestire l’intero ciclo di vita di un prodotto/servizio (ideazione e ricerca, validazione dell’idea, sviluppo e design, lancio e posizionamento sul mercato, gestione e crescita, monitoraggio o ritiro).

Il Product Manager è letteralmente ossessionato dall’ottenere il successo del proprio prodotto, che viene definito da alcune metriche correlate con i KPI aziendali.

Il successo di un prodotto, lo si deve vedere da almeno due punti di vista, quello aziendale e quello di mercato (che si riflette sulla soddisfazione del cliente), che sono strettamente correlati l’uno all’altro.

Cito una frase famosa: “Building the Right Product. Building the Product Right” che significa trasformare l’idea giusta (cioè che risolve i giusti problemi) in un prodotto realizzato con cura e funzionante (performante). Sembra un concetto banale ma non lo è assolutamente.

Il PM deve quindi avere sempre in mente la definizione di “successo” del proprio prodotto e mantenere tutta l’azienda allineata e ingaggiata verso la direzione scelta e in continuo divenire (vision aziendale e vision di prodotto).

Qual è la soft skill più importante che deve possedere una Product Manager?

Dalla spiegazione del ruolo la risposta è abbastanza immediata: comunicazione, negoziazione ed empatia.

Senza queste skill non può esistere un PM efficace.

Penso però che ce ne sia una che faccia veramente la differenza ed è il “buon senso” definito come: *la capacità di comprendere e valutare le situazioni in modo pratico e ragionevole, basandosi sulle proprie esperienze, sulle proprie conoscenze e sul proprio intuito.

Si tratta di una capacità che permette di prendere decisioni appropriate in contesti diversi, anche quando non si hanno informazioni complete o precise.*

Questa skill si acquisisce con l’esperienza, lo studio e l’interazione con gli altri.

I vari tecnicismi aziendali/settoriali si acquisiscono nel breve periodo mentre le competenze comunicative e la capacità di saper negoziare si sviluppano con l’esperienza e il buon senso richiede una giusta dose di pensiero critico e curiosità che non si imparano nei libri e sono quelle che possono veramente fare la differenza.

La maggior parte di noi utilizza i social per parlare dei propri successi, ma la realtà è che siamo quel che siamo grazie al 90% dei nostri errori. Racconta il tuo più grande fallimento da quando lavori nel settore, che però ti ha reso ciò che sei.

Per rispondere a questa domande devo andare indietro a quando ho provato a fare la mia startup come Founder.

Il ruolo di founder di una startup è paragonabile a quello di un Product Manager, tolti gli aspetti amministrativi e di realizzazione del team. L’obiettivo è il medesimo: il successo dell’idea/prodotto. Forse l’elemento più complesso e delicato che ho affrontato è stato proprio quello del team.

All’inizio guidare un team di co-founder attorno a un’idea in fase di validazione, mentre si portano avanti altri lavori, non è per niente semplice, anzi è letteralmente una sfida enorme per un ragazzo alle prime armi.

Mi intestardivo a fare leva su elementi che forse non erano del tutto i più importanti e identificare le priorità del prodotto da realizzare non è stata una passeggiata.

Alla fine ho fatto parte di quel 95% delle startup che fallisce. Con il senno di poi e dopo molto anni di esperienze di vario genere, probabilmente avrei fatto le cose diversamente. Ma le lezioni che ho imparato sono enormi e avrei impiegato altre due vite per impararle diversamente.

Poiché oggi devo comunicare e negoziare attorno a degli obiettivi come “Individual Contributor” (così viene definito un PM in un’azienda) con tantissima gente di dipartimenti diversi e con il management e i C-Levels e il team di sviluppo, questa esperienza è il mio “super-potere” (cito Product Heroes qui).

Come fare per diventare Product Manager?

Non c’è assolutamente un percorso scritto ma un modo per avvicinarsi. C’è chi viene dal mondo UX, chi dal Sales.

Forse la linea preferenziale è quella di inizare come Product Owner (colui che gestisce e prioritizza il backlog aziendale nel framework Agile) e piano piano estendere le proprio competenza imparando i concetti fondamentali di tre aree: People o UX, Business, Tech (vedi il diagramma di Venn).

Ultimamente in italia si iniziano a vedere dei percorsi formativi molto verticali e fatti bene che permettono di avvicinarsi ed essere competenti in questo ruolo. Parlo di Product Heroes e di TAG Innovation School.

Ovviamente ci sono anche molti corsi in inglese che si possono trovare e siti come mind the product e Product school per trovare risorse e articoli interessanti.

Parlando di successi, qual è il tuo prossimo obiettivo? Quale ruolo vorresti ricoprire entro i prossimi 3 anni?

Mi è sempre piaciuta l’idea del “give back” del ridare indietro la propria esperienza e supportare gli altri nella loro crescita professionale, cioè al concetto di “People Empowerment”.

Nel mio caso la figura è “Product Leader” cioè un “leader di leader” che aiuta e supporta i PM nella loro crescita e raggiungimento di obiettivi personali e professionali, cioè nell’ottenere successo.

Nell’ultimo anno sto approfondendo molto questi temi, che mi affascinano molto, e sto cercando di applicarli per trarne delle lezioni concrete e impattanti.

Penso che la posizione di leadership abbia enormi responsabilità soprattutto quando si ricopre questo ruolo e non se ne conoscono i “poteri” (nel bene e nel male ovviamente). Un “leader di leader “non è una persona di potere ma di servizio. Abilita gli altri ad essere di successo e questo è bellissimo.

Conosci il tema gender gap in ambito STEM? Se sì, secondo te, come fare per superarlo?

Posso dire che quando mi guardo intorno vedo più uomini che donne in determinati ruoli, anche se devo dire che la situazione sta migliorando molto negli ultimi anni.

Questi cambiamenti sono prima di tutto culturali e quindi richiedono del tempo per essere risolti. Si passa dalle famiglie, che non incitano e supportano le ragazze negli studi scientifici allo stesso modo che per i ragazzi, fino ad arrivare agli insegnanti e al mondo lavorativo nel preferire esplicitamente un Data Scientist uomo anziché donna.

O semplicemente vedere che si dà poco peso a un concetto molto intelligente, solo perché lo ha detto una donna durante una riunione aziendale.

Nel mio piccolo cerco sempre di pesare e far pesare le “idee” che una persona porta avanti senza tenere minimamente in considerazione se quella persona sia una donna, uomo, etero, omosessuale, italiano, straniero, cattolico, protestante, ateo o qualsivoglia caratteristica identitaria!

Se noto che si risponde alle persone e non ai fatti o alle idee, allora intervengo immediatamente, cercando di riportare la discussione sulle cose che contano veramente. È una goccia nell’oceano, lo so. Ma quando si deve dare il proprio contributo positivo, tutta la collettività è chiamata in causa, in questo caso 1+1 non fa 2 ma molto di più.

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