Voglio diventare... Sistemista

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  • 2024-04-23 - 5 minuti
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Una professione complessa e fondamentale fin dall’inizio dell’era di Internet è sempre stata quella della sistemista: richiede diverse tipologie di conoscenze in ambito informatico, nonché ottime capacità logiche.

Per conoscere meglio questa professione, oggi parliamo con Serena Lorenzini, Sistemista Linux in ambito HPC.

Descriviti in 100 parole.

Mi chiamo Serena Lorenzini, ho 38 anni e da più di dieci anni lavoro con Linux. Sono sposata con Luca e ho due figlie di quasi 9 e 7 anni. Ho una laurea in biotecnologie, un dottorato in biologia strutturale e tanta passione per l’ open source e la ricerca scientifica.

Ho seguito un percorso non standard, infatti arrivo dalle scienze della vita e non dall’informatica, e questo mi ha causato un notevole disagio all’ inizio del percorso lavorativo.

Col tempo ho deciso di abbracciare la parte positiva di questo aspetto, che è la capacità di connettere con chi non parla un linguaggio tecnico ma si vuole comunque approcciare al mondo Linux.

In cosa consiste il ruolo di Sistemista Linux?

Abbiamo clienti per i quali gestiamo cluster di calcolo HPC (aka High Perfomance Computing), altri clienti per i quali gestiamo la parte cloud, clienti che ci chiamano per consulenze in ambito DevOps.

La Sistemista Linux, in particolare in ambito HPC, è una figura poliedrica che si occupa di ambienti di virtualizzazione, configurazione dello storage e del networking, gestione degli ambienti di calcolo degli utenti e, a me capita spesso, supporto alle pipeline di test, delivery e deploy del codice sviluppato dagli utenti.

Svolgo gran parte del lavoro in solitaria ma mi confronto quotidianamente con i miei colleghi grazie all’ ottima organizzazione del lavoro che abbiamo in azienda.

Qual è la soft skill più importante che deve possedere una Sistemista Linux?

Credo non una ma due qualità “soft” siano particolarmente importanti: la capacità di capire i bisogni delle altre persone, specialmente quelle tecnicamente distanti da noi, e la capacità di gestire la sindrome dell’ impostore.

L’ informatica è piena di persone tecnicamente molto capaci, ma spesso carenti in empatia.

Ci siamo tutti formati in un sistema scolastico che promuove l’ individualismo e la iper-competitività. Questi aspetti sono fondamentali quando dobbiamo avanzare il progresso tecnico, ma è altrettanto importante capire che l’essere umano è un essere relazionale e che giocare lo “zero sum game” (mors tua, vita mea) porta esattamente a questo risultato: zero.

La maggior parte di noi utilizza i social per parlare dei propri successi, ma la realtà è che siamo quel che siamo grazie al 90% dei nostri errori. Racconta il tuo più grande fallimento da quando lavori nel settore, che però ti ha reso ciò che sei.

Mi capita spesso di fare errori e, come dico alle mie figlie “ogni persona sbaglia almeno una volta ogni giorno”.

È importante tenere alti standard, d’ altronde lavoro in un contesto dove la differenza tra uno spazio o due può determinare la correttezza intera di una configurazione, ma è anche importante non lasciarsi abbattere dai propri errori.

C’è una frase famosa che mi viene spesso in mente quando devo gestire i miei fallimenti: “fail, fail again, fail better”.

Come fare per diventare Sistemista Linux?

Non servono certificazioni o corsi particolari, serve una situazione che permetta di imparare, e serve una buona dose di umiltà per capire che c’è un processo di apprendimento e che è duro.

Ci si deve rendere conto che difficilmente si otterranno contemporaneamente lavoro, luogo e retribuzione dei propri desideri, perlomeno all’ inizio. Io sono arrivata ad un ottimo compromesso tra questi aspetti grazie all’ azienda per cui lavoro (BioDec Srl), che ha creduto in me e che mi ha dato la possibilità di imparare sul campo.

Fare la sistemista è più facile se si inizia a lavorare con Linux già durante gli studi, per cui direi a qualcuno che vuole intraprendere questa carriera: trova un progetto di tesi inerente a quello che speri sarà la tua pratica lavorativa.

Contribuisci a un progetto open source che abbia anche solo una minima inerenza con quello che fai durante la tesi, cerca i meetup nella tua città o dove puoi arrivare, fai domande, buttati, non aver paura.

E non preoccuparti se hai studiato tutt’ altro, le tue capacità cognitive vanno al di là del tuo titolo di studi.

Parlando di successi, qual è il tuo prossimo obiettivo? Quale ruolo vorresti ricoprire entro i prossimi 3 anni?

Mi vedo sempre in ambito operativo, con un bagaglio tecnico più ampio. Più competente, più veloce, sperabilmente sempre ambito HPC.

Spero di mantenere l’ottimo bilancio lavoro-vita personale che mi sono costruita negli anni.

Lavoro fino alle 16 in full remote per cui riesco a gestire in pieno le mie figlie dall’uscita da scuola in poi. Quando le mie figlie saranno cresciute (fra almeno 5 o 6 anni) probabilmente i miei obiettivi cambieranno ma al momento, e nei prossimi tre anni, riuscire a dedicare tempo alla relazione con loro è per me l’ obiettivo primario.

Conosci il tema gender gap in ambito STEM? Se sì, secondo te, come fare per superarlo?

Il tema “gender gap” in ambito STEM mi sta particolarmente a cuore, sia personalmente sia perché sono madre di due figlie femmine.

Il mio punto di vista forse è controverso ma spero che la discussione sia aperta a tutte le opinioni. Il gender gap nell’informatica esiste, è tangibile, lo vivo tutti i giorni.

Nel mio ambiente di lavoro quotidiano posso affermare che le donne sono una ristretta minoranza, ma penso che nel 2024 le possibilità siano aperte a tutte/i, e da parecchio, per cui questo gap lo ritengo più dovuto alla naturale inclinazione che a barriere sociali.

Come le donne sono il genere più rappresentato in alcuni ambiti lavorativi (educazione degli infanti, scienze sociali, scienze biologiche) così gli uomini sono il genere più frequente in altri ambiti (IT e in particolare nell’ area infrastrutture).

Superare il gender gap è un nobile obiettivo che, però, non deve mai venire prima delle competenze di una persona.

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