Recensione de 'La non intelligenza artificiale'

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  • 2025-02-20 - 5 minuti
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La non intelligenza artificiale” è uno di quei libri che dovrebbe far parte di quelli obbligatori quando si intraprende questa carriera (e non solo), per comprendere meglio come funziona il settore e non lasciarsi ingannare dall’hype del momento.

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Anno 2021 Autore Meredith Broussard Genere Saggio Livello Per approfondire Scorrevolezza 10 / 10 Originalità 10 / 10 Valutazione 10 / 10

Recensione

Questo libro era in lista da diverso tempo, ma finalmente ho trovato il tempo per leggerlo, o meglio… divorarlo!

Comincio con il dire che il libro è diviso in tre parti, di cui la prima parte è di base un’introduzione al funzionamento dei computer, dei sistemi informatici e del mondo della programmazione: può sembrare una banalità, ma ecco perché non lo è.

Meredith Broussard, da brava giornalista, non dà per scontato che chi si approccia a questa tematica sia pienamente consapevole delle tematiche/terminologie che andrà ad utilizzare.

Non solo: magari, chi è competente nel mondo della programmazione, non lo è nel settore dell’AI, o magari ha delle conoscenze di base, che sono sufficienti, ma non adatte a seguire a pieno il contesto trattato.

E così, con delle parole estremamente semplici e degli esempi a portata di chiunque (perfino della nonna di Einstein), l’autrice ci dà un caloroso benvenuto all’interno di quest’avventura che è il mondo della tecnologia, senza dimenticare quello che è il suo mestiere e la sua formazione.

Super interessante è infatti la sezione dedicata al data journalism, un mestiere che in Italia è poco conosciuto, ma che si sta affermando come professione in diversi paesi europei (per saperne di più, ti consiglio questo post).

Nella seconda parte passiamo al cuore del libro: perché l’intelligenza artificiale NON salverà il mondo.

La missione di Meredith Broussard è infatti quella di demistificare le possibilità che i sistemi “intelligenti” prendano controllo dell’umanità fino a distruggerla.

Con degli esempi banali, ma alla portata e a conoscenza di tutti -vedi gli esami di fine anno o le automobili a guida autonoma-, distrugge letteralmente uno per uno tutte quelle credenze per cui il nostro futuro sulla Terra è ormai al capolinea.

Un esempio? La difficoltà che spesso si ha nel parlare di questioni informatiche tra persone non tecniche e persone che invece sono tecniche, è enorme: basti pensare che insegnare ad un bambino a riconoscere una zebra, richiede più o meno 10 minuti. Ad un computer ci potrebbero volere anche 5 anni.

Spesso c’è questa credenza per cui se un computer è in grado di calcolare quale debba essere il prezzo giusto per una casa che si trova nel quartiere centrale di Milano con 3 locali, un garage e un salone openspace, allora la fine del mondo è vicina.

L’intelligenza artificiale a cui viene assegnata una sorta di “intelligenza” intrinseca e frutto dell’esperienza è in realtà il risultato di addestramento che però pecca sulle questioni più banali: è impossibile infatti misurare l’intelligenza, figuriamoci per un sistema!

Se le piccole cose non funzionano, è ingenuo pensare che le cose più complesse funzioneranno per magia.

L’ultima parte è dedicata al futuro, per dare uno sguardo a quelle che sono le prospettive future dell’intelligenza artificiale e dei suoi livelli di applicazione.

Racconta in particolare di un episodio in cui si è ritrovata a lavorare 3 giorni di fila su un autobus durante uno dei tanti hackaton che vengono organizzati nel settore.

La sua idea iniziale (geniale, peraltro) di creare un’app che calcolasse quanta pizza ordinare per una festa, ha vinto l’hackaton e le ha regalato una grande lezione: la tecnologia che porta dei benefici a lungo termine, richiede un lungo periodo.

Si tratta di una maratona, non dei 100 metri.

Spesso, intorno al mondo della tecnologia, e ancor di più sul tema dell’intelligenza artificiale, ci sono tante storie e leggende che meritano di essere riviste.

Il mondo degli hackaton poi, per chi l’ha vissuto, è un qualcosa che dà una carica assurda, stimola la creatività, allarga la rete dei contatti, ma che funziona una volta su un milione, e l’autrice lo racconta senza tanti giri di parole.

Il taglio che ha questo volume è molto pratico, diretto e senza filtri: è stato bellissimo leggere di come, anche nel suo vissuto, il gender gap nell’ambito STEM abbia creato un senso di non appartenza e di disagio.

E questo non vale solo in alcuni settori o ambienti: vengono citate università come Harvard, all’interno della quale alle studentesse era suggerito di seuguire corsi più facili rispetto ai ragazzi, e di come l’intero corpo docenti non contasse neanche una docente senior fino al 2009.

Ogni singola pagina del libro merita di essere letta e assaporata, spesso con dell’amaro in bocca, perché l’esperienza personale dell’autrice, insieme all’uso di moltissima bibliografia che è stata ben curata, danno un punto di vista assolutamente non banale.

Il sottotitolo del libro, non a caso, è “come i computer non capiscono il mondo”: non solo non ci riescono i computer, ma anche noi esseri umani abbiamo ancora molto su cui lavorare.

Non a caso, l’autrice è una delle protagoniste di un documentario Netflix che parla proprio di pregiudizi: Coded Bias.

Per chi non l’ha visto, è un MUST per chi vuole capire come il nostro -pessimo- passato abbia influenzato quelli che definiamo “sistemi intelligenti”.

Lezione imparata

  • I dati sono costrutti sociali, quindi i sistemi avranno gli stessi pregiudizi che noi esseri umani abbiamo;
  • Se qualcuno ti dice che il computer è come un cervello, no: non è affatto così;
  • L’intelligenza artificiale potrà affiancare gli esseri umani, potrà sollevarci da una serie di compiti gravosi e anche pericolosi, ma non potrà né deve sostituire il lavoro svolto dagli esseri umani, né può assumerne il controllo.

Quotes

Occorre aver fede nel fatto che si riuscirà a inventare ciò a cui si sta lavorando e aver fede nel fatto che, alla fine, l’aspetto finanziario andrà a posto. L’ingegneria, a volte, è un elettrizzante salto nell’ignoto.



Se le piccole cose non funzionano, è ingenuo pensare che le cose più complesse funzioneranno per magia.

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